lite condominiale

Dissenso del condominio alla lite condominiale

Alle volte una lite condominiale può essere complessa, per questo, oggi, abbiamo voluto affrontare una situazione che si può presentare più volte di quelle che si crede in caso si viva in Condominio.

Spesso il Condominio subisce un contenzioso da parte di un singolo condomino che crede di aver subito un danno da parte del Condominio o di strutture di proprietà del Condominio. Talvolta, il Condominio è chiamato in giudizio dalla proprietà vicina, anche da un Condominio limitrofo, per risarcimenti danni da varia responsabilità.

Può accadere che un Condominio sia citato in giudizio per danni da un terzo (es. il postino caduto nel giardino condominiale). Molte altre volte è lo stesso Condominio che deve iniziare un contenzioso contro un condomino o terzi. Ecco allora che l’Assemblea dei condomini deve decidere se rinunciare o intentare la lite, con tutti i rischi e i costi che queste decisioni comportano.

Ma se il singolo condomino non vuole partecipare alla causa per il condominio?

L’art. 1132 del codice civile è molto chiaro: il condomino che dissente a promuovere una lite o di resistere a una domanda può manifestare la sua contrarietà.

Se è presente nell’assemblea Condominiale chiamata a votare la delibera relativa, deve esprimere voto contrario e mettere a verbale direttamente e chiaramente la propria contrarietà motivata.

Attenzione, però: non è sufficiente il dissenso manifestato in sede assembleare, nella fase della discussione, prima dell’adozione della delibera che stabilisca la proposizione della lite o la resistenza a una domanda altrui. Affinché il condominio dissenziente possa separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della decisione deliberata, dovrà notificare all’amministratore entro 30 giorni dall’assemblea il proprio dissenso. Se, invece, il condomino dissenziente è assente e ne viene a conoscenza solo in un secondo momento con la comunicazione del verbale dell’assemblea, egli ha l’onere di notificare un atto scritto di dissenso all’amministratore, entro trenta giorni da quello in cui ha avuto notizia della deliberazione.

La legge non prevede, in questo caso una forma prestabilita di comunicazione e quindi, in maniera estensiva, deve considerarsi ritualmente manifestato anche mediante una lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Tuttavia, non essendoci una interpretazione uniforme, in via prudenziale, riteniamo più corretto procedere mediante la notificazione ai sensi del Codice di rito.

Lite Condominiale: quali sono i vantaggi per il condominio dissenziente?

In relazione agli effetti del dissenso la separazione di responsabilità in ordine alle conseguenze della lite è limitata all’ipotesi di soccombenza del Condominio e si riferisce alle sole spese derivanti dalla soccombenza.

Il condomino dissenziente deve, quindi, fare una valutazione oggettiva ed esprimere il proprio dissento motivato qualora ritenga probabile un esito sfavorevole della vertenza. Significa che deve ragionare giuridicamente e ritenere che iniziare una causa o resistere in giudizio in una causa promossa da altri potrà essere dannosa per il Condominio e i condomini. 

In alcuni casi, infatti la pretesa del Condominio può risultare infondata o ogni difesa insostenibile e, quindi, rinunciando consapevolmente ad essa o cedendovi subito si risparmierebbero almeno le spese del processo. Il condomino dissenziente che ha correttamente espresso la sua contrarietà ha la possibilità di non essere parte della lite condominiale e di non subire le conseguenze economiche di una soccombenza.

La separazione di responsabilità in ordine alle conseguenze della lite è limitata all’ipotesi di soccombenza del Condominio e si riferisce alle sole spese derivanti dalla soccombenza e, cioè, dalle spese processuali liquidate in sede giudiziale e poste a carico del Condominio, oltre alle spese di difesa. Nell’ipotesi in cui la controversia si concluda invece favorevolmente per il Condominio e il singolo condomino dissenziente ne abbia tratto vantaggio, quest’ultimo dovrà comunque concorrere alle spese cd. non ripetibili, ossia le maggiori spese di difesa non liquidate dal giudice, e quelle non recuperate dalla parte soccombente rimasta insolvente.

E rispetto ai terzi? Come si gestiscono in una lite condominiale?

Abbiamo visto che in caso di esito negativo il condomino dissenziente può separare la propria responsabilità rispetto al Condominio in ordine alle sole conseguenze della lite.

Il dissenso del condomino però ha natura di atto meramente interno al Condominio, e non svolge effetti nei confronti della controparte o di terzi. La parte vittoriosa avrà quindi la possibilità di chiedere il pagamento anche al dissenziente, come condebitore solidale in quanto condomino: questi, a sua volta, si rifarà sul Condominio.

Ovviamente, il diritto di rivalsa del condomino dissenziente può riguardare soltanto le spese e i danni che si sarebbero potuti evitare se non si fosse proposta l’azione o resistito ad essa.

Dirimere le questioni e le liti Condominiali può essere complesso

In ogni controversia è sempre una buona cosa avere almeno la consulenza di un professionista: se ne hai bisogno contatta il nostro studiotutela i tuoi diritti!

Articolo scritto in collaborazione con l’avvocato Alberto Padoan

contratto di locazione

Registrazione del contratto di locazione

 Nel momento in cui si decide di prendere in locazione un appartamento, può capitare di sottovalutare l’importanza di registrarne il relativo contratto. È un grave errore: la predisposizione di un contratto di locazione, e soprattutto la sua registrazione sono fondamentali per la tutela di entrambe le parti!

Quando è necessaria ed entro quando va fatta?

La legge 311/2004, all’art. 1 comma 346 prevede che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendo i presupposti, non sono registrati”.

La registrazione del contratto di locazione di immobili presso l’Agenzia delle Entrate è obbligatoria ogniqualvolta il contratto stesso abbia una durata superiore ai 30 giorni complessivi nell’anno solare. Deve essere effettuata, a cura del proprietario, entro il termine di giorni 30 dalla stipula del contratto o dalla sua decorrenza, qualora sia anteriore. Nei successivi 60 giorni, il proprietario dovrà, inoltre, darne comunicazione all’inquilino e all’eventuale amministratore di condominio.

Come si effettua la registrazione del contratto di locazione?

La registrazione può avvenire presso l’Agenzia delle Entrate, recandosi personalmente allo sportello, o mediante una procedura online. Questa consiste nella compilazione del modello RLI, in cui si devono indicare i dati delle parti, la tipologia di contratto e la durata, e nel versamento dell’Imposta di Registro, la cui entità varierà in base alla tipologia del contratto e al canone di locazione. Una volta effettuata la registrazione, l’Agenzia delle Entrate emetterà una ricevuta. Il locatore e il conduttore rispondono in solido del pagamento della somma dovuta per la registrazione.

Cosa succede in caso di mancata registrazione del contratto di locazione?

La mancata registrazione del contratto di locazione genera non solo la nullità del contratto, con la principale conseguenza che il locatore non potrà invocare i diritti derivanti dal contratto in caso di inadempimento da parte del conduttore. Genera anche l’applicazione di una sanzione amministrativa, ex art. 69 TUR, che potrà variare dal 120% al 240% dell’imposta di registro dovuta, in ragione dell’entità del ritardo.

Quando la registrazione del contratto di locazione presso l’Agenzia delle Entrate viene effettuata in ritardo (dunque dopo i 30 giorni, ma prima che l’Agenzia delle Entrate si accorga della violazione), essa produce effetti sananti, facendo venir meno la nullità del contratto (c.d. “ravvedimento operoso”). Inoltre, qualora la registrazione avvenga con un ritardo inferiore a 30 giorni, verrà comunque applicata una sanzione amministrativa che sarà tuttavia ridotta della metà.

Questa ed altre mille incombenze: meglio farsi consigliare!

La registrazione di un contratto di locazione è una pratica comune, che a tutti capita di dover fare almeno una volta nella vita. Eppure, persino per pratiche del genere è saggio affidarsi alla supervisione di un legale esperto, perché i rapporti economici sono sempre delicati e necessitano di precisione e conoscenza della legge. Per qualsiasi esigenza legata alle locazioni o al condominio puoi affidarti al nostro studio: tutela i tuoi diritti!

caparra

Caparra e acconto: quali differenze?

Ci sono parole che, nel lessico della vita di tutti i giorni, quasi si accavallano. Il loro significato si sovrappone, diventando, nell’accezione comune, sinonimi. È il caso, ad esempio, dei termini acconto e caparra, che però a ben guardare designano concetti molto diversi che è meglio padroneggiare.

Acconto e caparra: di cosa stiamo parlando

Tempo fa, acconto e caparra erano due parole legate principalmente all’ambito della vendita degli immobili. Oggi, però, sono entrate nel linguaggio comune: non di rado, molti ristoranti e, addirittura, molti pub, al momento della prenotazione sono soliti chiedere il rilascio di una caparra.

Quindi, non di rado capita di utilizzare questi due termini senza comprenderne a fondo il significato e magari, sbagliando, di confonderli. I due, infatti, per il diritto fanno riferimento ad istituti giuridici tra loro differenti.

Acconto e caparra, cosa dice la legge

Come prima cosa, è necessario precisare che il nostro Codice civile non prevede una sola forma di caparra, ma ben due: la caparra confirmatoria e la caparra penitenziale, rispettivamente agli artt. 1385 e 1386. Entrambe queste due forme sono delle dazioni di denaro, o di altre cose fungibili, che una parte fa all’altra a garanzia della serietà degli impegni presi.

Questa caratteristica è ciò che accomuna la caparra, in entrambe le sue accezioni, e l’acconto. L’acconto, infatti, altro non è che una forma di pagamento anticipato di una parte del prezzo a dimostrazione della volontà di mantener fede agli impegni presi con il contratto.

Se la consegna del denaro è il punto d’incontro di queste fattispecie, ciò che le differenzia, nella sostanza, è la loro finalità, il loro scopo pratico.

Per quanto concerne la caparra confirmatoria, si distingue delle altre figure per la sua natura risarcitoria, finalizzata a garantire il ristoro dal pregiudizio subito dall’eventuale inadempimento dell’altra parte contrattuale.

E in caso di inadempimento?

A tal proposito, l’art. 1385 c.c., che la disciplina, prevede che, in caso di inadempimento, il contraente non inadempiente ha la possibilità di recedere dal contratto ritenendo la caparra nell’ipotesi in cui l’abbia ricevuta, oppure di esigerla nella misura del doppio nel caso in cui l’abbia versata. Giova, comunque, precisare che il contraente adempiente non è obbligato ad avvalersi della caparra nell’ipotesi di un inadempimento e può, quindi, rinunciare ad essa e chiedere all’altra parte il risarcimento del danno.

La caparra penitenziale, poi, ai sensi dell’art. 1386 c.c., altro non è che il corrispettivo per il diritto di recesso. Si differenzia dalla quella confirmatoria in quanto non è in alcun modo legata ad un inadempimento, bensì all’esercizio di un diritto, quello di recesso che le parti possono aver pattuito, in accordo tra loro, alla conclusione del contratto.

Il meccanismo di operatività per la caparra penitenziale è abbastanza simile a quello per la caparra confirmatoria: il soggetto che si avvale del diritto di recesso contrattualmente previsto è destinato a perderla nel caso in cui l’abbia consegnata, oppure dovrà restituirla nella misura del doppio nell’ipotesi in cui, invece, l’abbia ricevuta.

Caparra e acconto: la contrattualistica non va presa sottogamba

Che si tratti di redigere un contratto o di firmarlo, padroneggiare la terminologia è importantissimo. Certo, molti non hanno la formazione necessaria a comprendere e usare i termini corretti necessari alla redazione di un contratto, ed è per questo che cercare assistenza è sempre la soluzione migliore. Se hai bisogno di assistenza legale puoi rivolgerti al nostro studio: tutela i tuoi diritti!

trattamento dei dati personali

Il trattamento dei dati personali: esigenza e garanzia per l’impresa e per il cittadino!

Chi di noi non è stato tempestato da messaggi pubblicitari inopportuni su ogni mezzo di comunicazione a disposizione? Chi non ha ricevuto chiamate da call center in orari improponibili, o ricevuto email spam? Cose simili avvengono con cadenza quotidiana a tutti, tanto che ormai non ci facciamo più caso. Eppure, il fatto che succeda, significa che una serie di dati relativi alla nostra persona, come la mail, il numero di telefono, le abitudini di acquisto e molto altro, sono usciti dal nostro controllo passando di mano in mano. E non a caso il trattamento dei dati personali è uno dei grandi argomenti di dibattito, oggetto di legge e preoccupazione di moltissimi cittadini.

Negli ultimi anni, la velocità con la quale è mutata la tecnologia ha posto problemi e sfide complessi, non solo dal punto di vista giuridico ma anche sociale ed etico. La rete non è più frequentata solo da piccole comunità di utenti, ma è un luogo di mercato vero e proprio e i dati personali degli utenti ne costituiscono la base.

Che cosa sono i dati personali?

Per dato personale si intende qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile, il cosiddetto «interessato». Questi può essere identificabile direttamente o indirettamente, tramite elementi come il nome, un numero di identificazione, dati relativi alla sua posizione o un identificativo online. Ancora, uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale.

Ma la legge come gestisce il trattamento dei dati personali?

I dati personali possono essere oggetto di «trattamento» secondo le regole ed entro i limiti stabiliti dal Regolamento generale sulla protezione dei dati.

Per trattamento dei dati personali si intende

“Qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, […] il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione”.

Art.4 punto 2 GDPR

Alla base del problema del trattamento dei dati personali: la «data economy»?

Chiaramente, se un’esigenza di protezione e di normazione relativamente al trattamento dei dati personali è così sentita, c’è una spiegazione solida e tangibile. Il fatto è che, dietro al “traffico” dei dati personali si è costituito negli anni un giro d’affari di dimensione letteralmente indescrivibile.

Ci troviamo nell’era della “data economy”, un sistema economico che si fonda sull’attività di raccolta ed elaborazione di un numero sempre più ampio di dati. Questo comprende la produzione, la conservazione, il trattamento dei dati ottenuti mediante tecnologie digitali.

La particolare struttura di questo mercato è tale da rendere necessaria una regolamentazione di tipo pubblicistico. Lo Stato, insomma, realizza una regolamentazione a tutela di cittadini ed imprese. Infatti, la partecipazione al mercato è fortemente asimmetrica, data la presenza di grandi imprese multinazionali che operano in un regime di fatto monopolistico o oligopolistico. Basti pensare a Microsoft, Apple, Google, Facebook e Amazon.

L’aspetto preoccupante della vicenda riguarda il fatto che finora le informazioni sono state sfruttate principalmente dalle grandi corporations del web. Questo a fini esclusivamente pubblicitari e di controllo commerciale. La vendita dei dati si è trasformata in un vero e proprio business, che si pone alla base di piattaforme come Amazon, Meta e Google.

Tutto questo a quale scopo?

Queste corporations utilizzano infatti le informazioni raccolte per indirizzare l’utente verso determinati comportamenti economici, influenzando in maniera indiretta il suo libero arbitrio. Per tali ragioni l’utente dovrà aderire alla raccolta delle informazioni in maniera legittima e consapevole.

Ci potremmo interrogare su quale livello di privacy un individuo può realisticamente aspettarsi nell’epoca moderna. In un futuro imminente sarà verosimilmente un concetto da ripensare e da rivedere fin dai suoi tratti essenziali, per arrivare a concepire una nuova concezione di riservatezza e conseguente dominio sui propri dati personali. Questa, necessariamente dovrà tenere conto dei cambiamenti della società e del mercato.

In questa sede ci siamo limitati, però, a fornire solo qualche linea guida essenziale per una navigazione consapevole, perché anche la semplice consapevolezza rispetto al problema si può tradurre in forza contrattuale.  

La tutela della privacy, sebbene semplice nei parametri che la legge delinea, diventa poi complicatissima nella vita quotidiana.

Se ritieni che i tuoi dati siano stati divulgati in modo lesivo e in violazione della legge, contatta il nostro studio: la prima consulenza è senza impegno!

Articolo realizzato in collaborazione con la dottoressa Camilla Marcato