Non è una domanda che ci si ponga troppo spesso, ma cosa succede se una persona soggetta ad amministrazione di sostegno dispone di beni mobili o immobili? Può fare testamento per decidere autonomamente fra chi dividere le sue sostanze?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima spiegare che cosa si intende per “amministrazione di sostegno”.
L’amministrazione di sostegno è un istituto dell’ordinamento giuridico italiano inteso ad affiancare un soggetto privo in tutto o in parte di autonomia, con la minore limitazione possibile della sua capacità di agire. L’amministratore viene nominato dal Giudice Tutelare, che, sulla base delle concrete esigenze dell’ausilio, dispone il sostegno per gli atti o per le categorie di atti per cui si ravvisa l’opportunità del sostegno.
Dunque la persona soggetta ad amministrazione di sostegno può redigere o esprimere la volontà di fare testamento?
Qual è la sua validità? Partiamo da un altro presupposto, ossia che l’atto di disposizione di ultime volontà è considerato un atto personalissimo, che quindi non tollera alcun tipo di rappresentanza, né volontaria né legale; questo tutela il rappresentato da ingerenze indebite da parte delle figure delegate alle funzioni di assistenza alla persona quali il tutore, curatore o amministratore di sostegno.
Per quanto riguarda la capacità di testare, ossia di redigere un testamento, oltre alle norme sull’amministrazione di sostegno è necessario fare riferimento anche all’art. 591 c.c. che disciplina i casi eccezionali di limitazione della capacità di testare riferiti all’incapace.
Nella fattispecie, vi si legge
“Sono incapaci di testare
1) coloro che non hanno compiuto la maggiore età;
2) gli interdetti per infermità di mente;
3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere al momento in cui fecero testamento”.
Dunque, un soggetto amministrato può fare testamento in modo valido
Salvo i limiti sopra citati e le limitazioni riguardo all’amministratore.
Per esempio, secondo il codice civile, l’amministrato non può esprimere disposizioni testamentarie a favore dell’amministratore di sostegno, salvo che questi non sia un parente entro il IV grado, coniuge o persona chiamata a tale funzione con lui stabilmente convivente.
Inoltre, il Giudice Tutelare, ove ricorrano ragioni di interesse per il beneficiario, può estendere a questi le limitazioni previste per l’interdetto e l’inabilitato. Questo significa che, ove ricorrano particolari situazioni di gravità nella capacità del formazione della volontà del soggetto, il Giudice potrà disporre con decreto il divieto di esprimere disposizioni testamentarie.
Quanto sopra a garanzia del principio secondo cui il nostro ordinamento preferisce favorire la facoltà di fare testamento piuttosto che reprimerla.
Questo perché fare testamento è un‘espressione fondamentale dell’individuo e della sua personalità.
Quindi, ai sensi dell’articolo 591, terzo comma, del Codice Civile, il testamento può essere invalidato se è possibile provare (e chiunque abbia interesse ne è legittimato) che il testatore, al momento della redazione del testamento, era di fatto in uno stato di “incapacità naturale”. Può trattarsi di una incapacità anche solo transitoria (sebbene non interdetto) tale da “turbare il normale processo intellettivo e volitivo, privando il soggetto in modo assoluto della coscienza dei propri atti”.
Ciò significa che il Giudice, al fine del riconoscimento o meno della validità del testamento, dovrà verificarne non solo il contenuto ma anche ciò che da esso si può dedurre, con riguardo alla serietà, normalità e coerenza delle disposizioni, oltre che ai sentimenti e finalità sottese.
Per concludere, qualora il Giudice Tutelare non abbia privato il beneficiario della facoltà di fare testamento, il testamento di persona soggetta ad amministratore di sostegno può ritenersi valido sino a prova contraria. Resta onere di chi ne ha interesse provare che nel momento della disposizione delle ultime volontà il soggetto si trovava in uno stato di incapacità, stabile o transitoria, di autodeterminarsi e di privazione assoluta della coscienza dei propri atti.
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Articolo scritto in collaborazione con la dottoressa Gabriella Bottaro.