mandato a professionisti ed enti

Il mandato a professionisti ed enti

In un precedente articolo ci siamo già occupati dei concetti di rappresentanza e di procura, ma abbiamo ritenuto opportuno approfondire ulteriormente la materia, occupandoci di un altro istituto fondamentale: il mandato a professionisti ed enti

Innanzitutto, cos’è il mandato? 

Comincia tutto con il “mandato”. Quando ci si affida ad un professionista o ad un ente, sia pubblico che privato, per la gestione di affari giuridicamente rilevanti, l’interessato deve conferire mandato.  

Con mandato intendiamo un contratto consensuale, ad efficacia obbligatoria, con cui una parte, il mandatario, si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra, il mandante

Il mandato differisce dalla rappresentanza e dalla procura per la natura del suo oggetto: l’incarico, infatti, riguarda la gestione in un’attività giuridica altrui

Il mandato si presume oneroso.

Ciò significa che, se le parti nulla stabiliscono nel contratto, si presume che il mandatario svolga il proprio incarico dietro compenso. Tuttavia, nulla esclude che le parti possano stabilire la gratuità del contratto di mandato e che, quindi, il mandatario non riceva alcun compenso per la propria attività.

Il contratto di mandato si annovera fra i cosiddetti contratti “bilaterali imperfetti”.  Infatti, la prestazione del mandatario non trova la propria causa nel compenso, bensì nella fiducia riposta in lui dal mandante: il cosiddetto legittimo affidamento.   

Ai sensi dell’art. 1176 c.c., che disciplina la valutazione della diligenza nell’adempimento di un’obbligazione, il mandato deve essere eseguito con la diligenza del buon padre di famiglia , ossia con la diligenza dell’uomo medio.

Qualora, invece, si rilasci mandato nei confronti di un professionista, viene in rilievo il comma 2 dell’art. 1176 c.c.  

In questo caso, infatti, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata dal professionista incaricato, prendendo in considerazione la diligenza del professionista medio. Quindi, quando si conferisce mandato ad un professionista, sia esso un avvocato, un sindacato, o un altro ente, pubblico o privato, affinchè agisca nell’interesse del mandante per l’attività oggetto del mandato stesso, si può presumere che il professionista agirà con una diligenza qualificata.  In particolare, all’operatore professionale si richiede una diligenza in linea con le sue specifiche competenze. Per questo, la diligenza diventa criterio fondamentale per la valutazione della eventuale responsabilità del professionista.  

In particolare, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, si può parlare di responsabilità professionale, secondo quanto disposto dagli artt. 1176, co 2 e 2236 del codice civile, nei soli casi di dolo o colpa grave.  

Infine, si deve sottolineare come l’obbligazione che nasce con il conferimento del mandato professionale sia di mezzi e non di risultato

Cosa significa “obbligazione di mezzi” e “obbligazione di risultato”? 

La differenza fra obbligazioni di mezzi e di risultato è fondamentale quando si parla di responsabilità del professionista. Le obbligazioni di mezzi sono quelle in cui il professionista è tenuto a svolgere un’attività determinata, senza assicurare che da ciò derivi un qualsivoglia esito.  

Nelle obbligazioni di risultato il professionista è invece obbligato a ottenere un certo risultato dall’attività svolta.  

Pertanto, l’oggetto della responsabilità del professionista consiste nel come si svolge l’attività prevista dal mandato, ben potendo non ottenere il risultato auspicato, ma agendo con ogni accortezza necessaria. La responsabilità del professionista è, quindi, una responsabilità contrattuale, poiché ha la sua origine nel contratto di mandato.  

Qualora il professionista non operi con la dovuta diligenza nell’esecuzione del mandato, il mandante può chiedere il risarcimento dell’eventuale danno arrecato dall’operato del professionista. Per evitare il risarcimento del danno, il professionista deve provare che la causa dell’errore era esterna alla sua sfera di controllo e di non aver potuto far niente per evitarlo. Questo nonostante l’applicazione della diligenza professionale.  

Per citare il parere ormai ampiamente consolidato della Suprema Corte,  

“Il professionista “medio”, ossia la figura ideale che costituisce il parametro di valutazione della condotta che si assume colposa, non corrisponde ad un professionista “mediocre”, ma ad un professionista “bravo”, ovvero sufficientemente preparato, zelante e solerte”. 

Per concludere, il professionista è tenuto, nel proprio ambito, ad operare con diligenza professionale e tale diligenza deve essere utilizzata ogniqualvolta gli venga conferito un mandato. Questo non è circoscritto al semplice atto per il quale è conferito, ma esteso a tutti gli atti che si riconnettono al primo, in quanto necessari per la corretta esecuzione del mandato stesso. Questo significa che, a partire dall’atto che necessita del mandato per essere risolto, il professionista dovrà tenere conto di tutti gli altri atti precedenti, se necessari a portare a buon fine l’azione.  

Dare mandato per la propria assistenza legale è più utile di quanto possa sembrare. Può capitare, infatti, di trovarsi nella condizione di aver bisogno di un professionista che dialoghi con istituzioni e controparti al nostro posto. Uno di questi casi si verifica quando veniamo colpiti da un decreto ingiuntivo:scopri come funziona

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Articolo scritto in collaborazione col l’avvocato Lucrezia Zacchi

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