Ci sono parole che, nel lessico della vita di tutti i giorni, quasi si accavallano. Il loro significato si sovrappone, diventando, nell’accezione comune, sinonimi. È il caso, ad esempio, dei termini acconto e caparra, che però a ben guardare designano concetti molto diversi che è meglio padroneggiare.
Acconto e caparra: di cosa stiamo parlando
Tempo fa, acconto e caparra erano due parole legate principalmente all’ambito della vendita degli immobili. Oggi, però, sono entrate nel linguaggio comune: non di rado, molti ristoranti e, addirittura, molti pub, al momento della prenotazione sono soliti chiedere il rilascio di una caparra.
Quindi, non di rado capita di utilizzare questi due termini senza comprenderne a fondo il significato e magari, sbagliando, di confonderli. I due, infatti, per il diritto fanno riferimento ad istituti giuridici tra loro differenti.
Acconto e caparra, cosa dice la legge
Come prima cosa, è necessario precisare che il nostro Codice civile non prevede una sola forma di caparra, ma ben due: la caparra confirmatoria e la caparra penitenziale, rispettivamente agli artt. 1385 e 1386. Entrambe queste due forme sono delle dazioni di denaro, o di altre cose fungibili, che una parte fa all’altra a garanzia della serietà degli impegni presi.
Questa caratteristica è ciò che accomuna la caparra, in entrambe le sue accezioni, e l’acconto. L’acconto, infatti, altro non è che una forma di pagamento anticipato di una parte del prezzo a dimostrazione della volontà di mantener fede agli impegni presi con il contratto.
Se la consegna del denaro è il punto d’incontro di queste fattispecie, ciò che le differenzia, nella sostanza, è la loro finalità, il loro scopo pratico.
Per quanto concerne la caparra confirmatoria, si distingue delle altre figure per la sua natura risarcitoria, finalizzata a garantire il ristoro dal pregiudizio subito dall’eventuale inadempimento dell’altra parte contrattuale.
E in caso di inadempimento?
A tal proposito, l’art. 1385 c.c., che la disciplina, prevede che, in caso di inadempimento, il contraente non inadempiente ha la possibilità di recedere dal contratto ritenendo la caparra nell’ipotesi in cui l’abbia ricevuta, oppure di esigerla nella misura del doppio nel caso in cui l’abbia versata. Giova, comunque, precisare che il contraente adempiente non è obbligato ad avvalersi della caparra nell’ipotesi di un inadempimento e può, quindi, rinunciare ad essa e chiedere all’altra parte il risarcimento del danno.
La caparra penitenziale, poi, ai sensi dell’art. 1386 c.c., altro non è che il corrispettivo per il diritto di recesso. Si differenzia dalla quella confirmatoria in quanto non è in alcun modo legata ad un inadempimento, bensì all’esercizio di un diritto, quello di recesso che le parti possono aver pattuito, in accordo tra loro, alla conclusione del contratto.
Il meccanismo di operatività per la caparra penitenziale è abbastanza simile a quello per la caparra confirmatoria: il soggetto che si avvale del diritto di recesso contrattualmente previsto è destinato a perderla nel caso in cui l’abbia consegnata, oppure dovrà restituirla nella misura del doppio nell’ipotesi in cui, invece, l’abbia ricevuta.
Caparra e acconto: la contrattualistica non va presa sottogamba
Che si tratti di redigere un contratto o di firmarlo, padroneggiare la terminologia è importantissimo. Certo, molti non hanno la formazione necessaria a comprendere e usare i termini corretti necessari alla redazione di un contratto, ed è per questo che cercare assistenza è sempre la soluzione migliore. Se hai bisogno di assistenza legale puoi rivolgerti al nostro studio: tutela i tuoi diritti!