L’animosità, lo sanno tutti, fa parte dello sport. La competizione infiamma gli animi, e al di là dell’opposizione sul piano fisico, spesso nello sport sono le parole a volare più alte e a colpire più forte. Ma quando, secondo la legge, si travalica la critica e si sconfina nella diffamazione? Quando occorre rivolgersi alla giustizia sportiva?
Recentemente, il Tribunale Nazionale della Federazione Italiana Giuoco Calcio ha riportato l’attenzione su una linea di confine sottile: quando una dichiarazione pubblica da parte di un esponente di una istituzione sportiva, sia essa una Federazione, un Comitato o qualsiasi altro ente, può configurare diffamazione.
Giustizia sportiva: cosa dice la legge
L’articolo 23 del Codice di Giustizia sportiva recita:
“Ai soggetti dell’ordinamento federale è fatto divieto di esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione di persone, società od organisimi operanti nell’ambito del CONI, della FIGC della UEFA o della FIFA. La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico, ovvero quando per i destinatari, il mezzo o le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone”.
A questo va accostato il reato di diffamazione così come viene definito dal Codice Penale, che ne definisce la fattispecie. Questa si configura quando la persona non solo ha la consapevolezza di esprimere una frase lesiva della reputazione di persone determinate e individuate, ma anche la volontà che tale affermazione denigratoria venga a conoscenza di altri. Quindi, non solo l’oggetto della diffamazione deve essere scientemente preciso e identificabile, ma vi è anche l’intenzione di mettere a parte terzi soggetti delle affermazioni denigratorie.
Ma quando, invece, si parla solo di critica?
Per “critica” intendiamo l’espressione di un’opinione che non può pretendersi obiettiva, essendo per sua natura fondata su un’interpretazione soggettiva di fatti e comportamenti.
Secondo la giustizia sportiva, si tratta di una “esimente”, ossia una causa di esclusione dalla responsabilità penale. Per riconoscere l’esimente del diritto di critica, però, è indispensabile verificare l’esistenza di una solida base di collegamento fra affermazioni valutative offensive e fatti veri.
Come dice l’articolo 21 della Costituzione, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Il Caso
La vicenda oggetto della decisione 9/21 del Tribunale Nazionale della FIGC riguardava una dichiarazione pubblicata sul sito web di una Società Sportiva di Gioco Calcio, poi riportata su alcune testate giornalistiche online, nella quale si muovevano critiche nei confronti del delegato della Lega Pro e del rappresentante della Procura Federale incaricati del controllo di una gara, attaccando per estensione la credibilità delle stesse istituzioni coinvolte.
Il Tribunale Federale Nazionale, investito della questione, ravvisava che le dichiarazioni “possono certamente essere qualificate come dichiarazioni pubbliche in quanto destinate ad essere conosciute da più persone per il mezzo e la modalità di comunicazione (pubblicazione su sito internet della società e su testate giornalistiche online)”. Riguardo la fattispecie diffamazione, Tribunale Federale riconosce l’esimente del diritto di critica, poiché “Le espressioni utilizzate, infatti, non costituiscono un gratuito attacco al Commissario di campo ed al delegato della Procura federale, perpetrato con finalità meramente denigratorie, ma realizzano piuttosto una critica, sia pure aspra, all’operato di tali soggetti”.
Anche la giustizia sportiva è materia delicata, che richiede l’intervento di professionisti
La legge è un delicato gioco di equilibri e di fonti, la cui priorità ha un ordine ben preciso, per questo affidarsi a un professionista è fondamentale: contatta il nostro studio per avere assistenza diretta, tutela i tuoi diritti!
Articolo scritto in collaborazione con la dottoressa Lucrezia Zacchi