affidamento del minore straniero

Affidamento del minore straniero e suo mantenimento: uno sguardo alla legge

Lo Stato agisce e norma gli aspetti più disparati della vita comune e personale di chi vive sotto la sua tutela. Uno degli aspetti in cui interviene è lo sforzo per garantire il benessere e lo sviluppo armonioso di una categoria molto particolare: i minori. Nel loro caso, ad esempio, il giudice definisce la soluzione migliore per l’ affidamento e mantenimento quando i due genitori si separano. Questo è ovvio quando il minore è cittadino italiano, ma se parliamo di affidamento di un minore straniero? Può un Giudice Italiano intervenire per stabilire l’affidamento di un minore che è cittadino di un altro Stato e quale legge applica?

Affidamento del minore straniero: un caso più frequente di quanto si pensi

In una società sempre più multietnica, l’avvocato si trova spesso ad affrontare questioni riguardanti la legge applicabile alla fattispecie concreta anche in caso di separazione e divorzio, ogni volta che la domanda contenga elementi di internazionalità perché i soggetti coinvolti non sono cittadini italiani e spesso sono cittadini extracomunitari.

In particolare , oggi, esamineremo la questione relativa all’affidamento e al mantenimento di un minore straniero stabilmente residente in Italia. La prima cosa che ci si deve chiedere, in questi casi, è se il Giudice Italiano possa decidere in merito all’affidamento e al mantenimento di un minore straniero che ha quale unico collegamento con il territorio italiano la circostanza che risiede stabilmente in Italia.

La risposta è senz’altro positiva sia per quanto concerne la responsabilità genitoriale sia per quanto concerne la domanda di mantenimento.

Cosa dice la legge in merito all’affidamento di un minore straniero

Stabilisce, infatti l’art. 8 del reg. CE n.2201/2003 che la competenza giurisdizionale spetta allo Stato in cui il minore ha la residenza stabile. Va ricordato, sul punto, che nel diritto europeo la nozione di residenza abituale corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare.  Questo significa che se un minore frequenta la scuola in Italia, o comunque vive stabilmente in Italia, indipendentemente dal fatto che abbia la residenza o meno nel territorio italiano, a decidere in merito alla responsabilità genitoriale senz’altro è competente il Giudice Italiano

Va anche detto che ciò che supporta questa affermazione è la circostanza che i provvedimenti in materia di minori devono essere valutati in relazione alla funzione svolta: se il provvedimento è volto a tutelare il minore, la norma da applicare sarà la Convenzione dell’Aja del 19.10.1996, che indica come criterio di collegamento la legge dello Stato di residenza abituale del minore.

Riassumendo: cosa può fare il giudice italiano?

Da quanto detto emerge, quindi, con chiarezza che se il minore straniero si trova stabilmente in Italia, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori e dalla sua, a decidere in materia di responsabilità genitoriale sarà il Giudice Italiano e si applicherà la legge italiana.

La domanda di mantenimento dovrà, ugualmente, essere decisa dal Giudice Italiano facendo riferimento al Regolamento CE n.4/2009 relativo alla “competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari”.  Anche in questo caso dovrà applicarsi la legge italiana, e ciò perché la domanda di mantenimento è collegata a quella relativa alla responsabilità genitoriale.

L’affidamento del minore straniero e il suo mantenimento: una piccola grande parte di un complesso sistema legale

Il diritto legato all’immigrazione e, più in generale, la legge che norma la vita dei cittadini stranieri sul suolo italiano è veramente complessa. Per questo essere informati è senza dubbio qualcosa di positivo, ma non è sufficiente: in questi casi, l’assistenza di un legale specializzato è veramente essenziale. Se hai bisogno di supporto legale in materia di immigrazione rivolgiti al nostro studio: tutela i tuoi diritti!

Articolo realizzato in collaborazione con l’Avvocato Marta Michelon

paesi sicuri

Paesi sicuri e diritto alla protezione internazionale: posso chiedere asilo in Italia se vengo da un Paese sicuro?

Il 27 marzo 2023 sul sito governativo Integazionemigranti.gov.it è apparsa la comunicazione che il Governo italiano aveva aggiornato la lista dei cosiddetti Paesi sicuri.

Cosa sono i paesi sicuri?

In tema di protezione internazionale, il Decreto-legge 04.10.2018, n. 113, il cosiddetto decreto sicurezza, in sede di conversione aveva introdotto l’art. 2-bis, intitolato «Paesi di origine sicuri» nel provvedimento normativo italiano che disciplina sia le procedura per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate In Italia sia quelle per la sua revoca e cessazione degli status riconosciuti. Esso consiste proprio in un elenco di Paesi extra Unione europea considerati sicuri per i loro cittadini perché rispettando degli standard di civiltà, democrazia e libertà.

Viene verificato che l’ordinamento giuridico di quel Paese escluda la sussistenza di atti di persecuzione forme di tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, o pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale che invece permetterebbero al migrante che chiede protezione internazionale in Italia di ottenere l’asilo, la protezione sussidiaria o altre forme di tutela.

IMPORTANTE: La classificazione di un Paese di origine come sicuro può essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie di persone.

Posso presentare domanda di asilo in Italia se provengo da uno dei paesi sicuri?

Anche se il migrante proviene da un Paese classificato sicuro secondo la nostra legge, egli può comunque chiedere e ottenere protezione internazionale in Italia. Ci sono, però, differenze nella procedura rispetto ai cittadini di altri Paesi, come l’esame prioritario della domanda e la possibilità che questa sia dichiarata manifestamente infondata.

Ci sono, però, differenze nella procedura rispetto ai cittadini di altri Paesi, come l’esame prioritario della domanda e la possibilità che questa sia dichiarata manifestamente infondata. Il richiedente asilo, infatti, dovrà dimostrare che ci sono “gravi motivi” per considerare il suo rientro nel Paese di origine non sicura a causa della situazione particolare.

Chi decide se includere o meno una nazione nella lista dei paesi sicuri?

Lo decide il nostro Governo italiano, con un decreto interministeriale ossia un decreto ministeriale adottato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’Interno e della giustizia. Poi, ogni tanto, la lista viene aggiornata se lo scenario del Paese muta, come successo di recente

Il primo decreto è stato emanato il 4 ottobre 2019 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 7 ottobre 2019 ed indicava come Paesi sicuri allora: Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina.

Come si fa a capire e decidere se un paese è sicuro o meno?

La valutazione si basa sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, che si avvale anche delle notizie elaborate dal centro di documentazione nonché’ su altre fonti di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri Stati membri dell’Unione europea, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa da altre organizzazioni internazionali competenti.

Si tengono in considerazioni diversi indici e la norma ne indica alcuni fondamentali:

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sono applicate; 

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali , nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici aperto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura

c) il rispetto del principio di cui all’articolo 33 della Convenzione di Ginevra che garantisce rifugio a chi rischia di essere deportato in un territorio in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.

d) un sistema di ricorsi anche giurisdizionale e di difese effettive contro le violazioni di  tali diritti e libertà.

Adesso quali paesi sono considerati sicuri?

Con decreto del 17/03/2022 e pubblicato in g.u. il 25/03/2023, viene aggiornato l’elenco dei Paesi di origine sicuri: vengono aggiunti Nigeria, Gambia, Costa d’Avorio e Georgia ed espunta l’Ucraina, la Tunisia resta al suo posto.

La lista dei Paesi sicuri adesso è questa:

  • Albania;
  • Algeria;
  • Bosnia-Erzegovina;
  • Capo Verde;
  • Costa d’Avorio;
  • Gambia;
  • Georgia;
  • Ghana;
  • Kosovo;
  • Macedonia del Nord;
  • Marocco;
  • Montenegro;
  • Nigeria;
  • Senegal;
  • Serbia;
  • Tunisia.


Provenire da uno dei paesi sicuri è solo un aspetto di cui tenere conto

Il diritto, in tema di immigrazione e residenza per cittadini stranieri, è complesso e articolato, ed essere assistiti da un avvocato è davvero una necessità. Contatta il nostro studio se ne hai bisogno: tutela i tuoi diritti!

protezione temporanea

Protezione temporanea per gli sfollati ucraini, in cosa consiste e cosa prevede

Quando la guerra è alle porte dell’Europa, gli Stati europei rispondono uniti. Se in altri frangenti l’Unione, spesso, non ha mostrato un comportamento unitario facendo venir meno quel comune accordo che ne dovrebbe costituire l’essenza. Nella situazione attuale l’unità e l’identità di vedute sono chiare e inequivocabili per lo meno in un campo: la protezione temporanea. 

Per far fronte all’emergenza umanitaria scaturitasi dal conflitto in atto, il Consiglio dei ministri degli Interni dell’Unione Europea, il 4 marzo 2022, ha accertato e previsto “l’afflusso massiccio” di persone dal territorio ucraino. Si decide così di dare attivazione, per la prima volta nella storia dell’Unione, alla Direttiva 2001/55/CE. Una normativa adottata nel 2001 per gestire arrivi di profughi numerosi e ravvicinati.  

Grazie al sostegno finanziario dell’UE e alla cooperazione tra i vari Stati da marzo 2022 sono circa 4 milioni le persone che hanno ottenuto protezione immediata all’interno dei confini dell’Unione Europea.   

La protezione temporanea e il contenuto della Direttiva CE n. 55 del 2001

Gli elementi centrali della normativa sono due, ed emergono già dalla rubrica: le norme minime per la concessione della protezione temporanea e la promozione dell’equilibrio degli sforzi tra Stati membri nell’accogliere gli sfollati. Il testo della normativa rimarca quindi una duplice necessità, da un lato quella di gestire in modo adeguato e rapido l’accoglienza dei profughi, senza appesantire i sistemi di accoglienza nazionali. Dall’altro, invece, richiede agli Stati membri un sistema di solidarietà volto a garantire risposte coordinate all’emergenza. 

La direttiva elenca anche “i benefici concessi” ai titolari della protezione temporanea sul territorio nazionale dello Stato che ha rilasciato il titolo. Si parla di benefici e non tanto di diritti soggettivi, quasi a rimarcare la provvisorietà e l’eccezionalità della misura di protezione. Ad ogni modo, questi consistono nel rilascio del titolo di soggiorno, nella possibilità di esercitare attività lavorativa, nel diritto di accedere, se minorenne, al sistema educativo, e così via.  

La protezione temporanea è quindi una misura eccezionale

Nel quadro così delineato la protezione temporanea si traduce quindi nella concessione di un peculiare permesso di soggiorno rilasciato. In questo caso, ai cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022, nonché ai titolari della protezione internazionale o di protezione equivalente in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 e ai familiari di questi.  

Inizialmente tale permesso prevedeva una durata temporanea di un anno, ma attualmente, tutte le disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall’Ucraina, risultano prorogate sino al 31 dicembre. Viene altresì prorogato lo stato di emergenza dichiarato all’inizio della guerra per supportare le attività di assistenza e soccorso della popolazione ucraina.  

Dal punto di vista del singolo cittadino ucraino beneficiario di protezione temporanea, è previsto che anche la sola richiesta di permesso di soggiorno presentata alla competente Questura consente lo svolgimento di attività lavorativa, in forma subordinata, stagionale o autonoma. Inoltre, al titolare della protezione temporanea deve essere consentito di presentare domanda di protezione internazionale in qualunque momento.  

La compattezza dell’Unione Europea 

La guerra in Ucraina ha reso l’Unione Europea più compatta sotto molti punti di vista. Dall’imposizione delle sanzioni alla Russia, alle soluzioni sul piatto per l’approvvigionamento del gas ed infine nella gestione del flusso di sfollati ucraini. I mesi e gli anni che verranno saranno la prossima sfida per l’Ucraina e per l’Europa, nella speranza che la violenza della guerra cessi al più presto e che si possa ricostruire insieme un futuro migliore per tutti.  

Le dinamiche dell’ingresso in un paese UE: fra complessità e necessità

Le politiche migratorie nei paesi dell’Unione Europea sono complesse, ma sono orientate al benessere e alla protezione della persona. L’iter legale per risiedere legalmente in un paese come l’Italia, però, è complesso, e poter contare sulla consulenza di un legale specializzato è fondamentale. Se ne hai bisogno contatta il nostro studio: tutela i tuoi diritti!

Articolo scritto in collaborazione con la dottoressa Silvia Pellicani

nuova protezione speciale

Cenni sulla Nuova Protezione Speciale

La gestione dei flussi migratori è da sempre al centro del dibattito pubblico, e negli ultimi anni sembra quasi esserne diventata un’ossessione. Anche il governo attuale ha deciso di affrontare il fenomeno con una iniziativa legislativa propria, introducendo anche un concetto di nuova protezione speciale

Nuova protezione speciale: un accenno all’attualità

L’8 maggio 2023 in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la dichiarazione dello Stato di Emergenza dove si cita “l’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo” alla luce della quale, per sei mesi dalla data della deliberazione, verranno adottate precise misure volte a gestire la “grande difficoltà derivante dalla saturazione del sistema di accoglienza nazionale”.

Non solo, è di pochi giorni la notizia della conversione in legge del D.L. 20/2023, meglio conosciuto come “Decreto Cutro” per mezzo del quale il Governo si è ripromesso di contenere e contrastare l’immigrazione irregolare, portando con sé l’effetto di restringere le garanzie dei richiedenti asilo e delle persone migranti in Italia. 

In cosa consiste il cosiddetto “Decreto Cutro”

Il provvedimento consta di una decina di articoli che affrontano diversi profili del fenomeno migratorio. Quello che ha attirato maggiormente l’attenzione è di certo quello relativo alla cosiddetta protezione speciale, una forma di protezione esclusiva dell’ordinamento interno italiano che negli ultimi anni ha assunto il ruolo di “tutela ad ombrello”. Questo peculiare istituto, nella sua formulazione originaria, oltre a garantire il divieto di espulsione del cittadino straniero, così come internazionalmente riconosciuto, tutelava altresì il rispetto degli obblighi internazionali e costituzionali dello Stato nonché degli articoli 3 e 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Questi ultimi erano relativi, rispettivamente, al divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti e alla salvaguardia e al rispetto della vita privata e familiare. Ebbene, è proprio il riferimento a quest’ultimo diritto, ad essere stato recentemente soppresso, togliendo peso e importanza al processo di radicamento dello straniero nel territorio nazionale.

La nuova protezione speciale e i legami familiari

In realtà, nonostante l’eliminazione dei criteri volti all’accertamento del diritto di cui sopra, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo -che valorizza i legami familiari, la durata della presenza sul territorio nazionale e le relazioni sociali instaurate– e del catalogo aperto degli obblighi costituzionali o internazionali che gravano sullo Stato è indubbio che debba ancora darsi rilievo al radicamento sociale dello straniero quale diritto fondamentale dell’uomo.  

L’espulsione o il respingimento, qualora ricorrano gli obblighi di cui all’art. 5, comma 6, del Testo Unico per l’Immigrazione sono divieti assoluti e non derogabili. Pertanto, andrebbe ad ogni modo tenuto conto della natura e dell’effettività dei vincoli interpersonali e familiari dell’interessato, nonché della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, indipendentemente dal maldestro tentativo del legislatore di eluderne l’essenza.  

L’emanazione del cosiddetto Decreto Cutro ha senza dubbio creato una situazione d’incertezza interpretativa. Questo espone le persone migranti al rischio di ulteriori stigmatizzazioni e discriminazioni e inevitabilmente al peso di procedure sempre più farraginose e cavillose. Si auspica tuttavia che, il complesso e rigido scheletro di norme poste a tutela della salvaguardia dei diritti fondamentali e il lavoro della giurisprudenza, saranno comunque in grado di proteggere dall’espulsione coloro che giungono nel nostro Paese in cerca di un futuro migliore.

L’assistenza legale è un bisogno imprescindibile per i migranti

Le modifiche all’istituto della protezione speciale rafforzano la necessità di assistenza legale per tutte quelle persone che decidono di abbandonare il proprio Paese e versano in situazioni di seria vulnerabilità. Il nostro studio conta su professionisti specializzati proprio in materia di diritto dell’immigrazione. Rivolgiti al nostro studio se ne hai necessità: tutela i tuoi diritti!

Articolo scritto in collaborazione con la dottoressa Silvia Pellicani