Ogni tanto si torna a discuterne ma, fino ad oggi, nessuna decisione politica. Sempre troppo rumore per nulla, dati i risultati per lo meno, Eppure lo ius soli è una delle battaglie più importanti nel panorama dei diritti civili.
In cosa consiste lo Ius Soli?
Lo Ius soli è un’espressione giuridica, in latino «diritto del suolo». Indica l’acquisizione della
cittadinanza di un determinato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
Sostanzialmente, dunque, si tratta di una tecnica per ottenere la cittadinanza di uno Stato. Dello Ius Soli
abbiamo diverse versioni giuridiche a seconda del Paese che lo ha adottato. Quasi tutti i Paesi del
Continente Americano, dal Brasile al Canada agli Stati Uniti, applicano lo Ius Soli automatico,
incondizionato. Al nascere all’interno dei confini del paese, la persona acquisisce la cittadinanza.
Sottostanno ad alcune precondizioni lo Ius Soli di alcuni Paesi europei come la Germania. Prevede
l’attribuzione della cittadinanza al nuovo nato se almeno uno dei due genitori risiede regolarmente nel
paese da almeno 8 anni.
E in Italia lo Ius Soli esiste?
Nel nostro Paese è attualmente vigente una diversa concezione del diritto di cittadinanza. Infatti si
acquisisce la cittadinanza, tra le altre ipotesi, per Ius Sanguinis, dal latino, “diritto di sangue”. Se si
nasce o si è adottati da cittadini italiani come prevede la legge sulla cittadinanza.
Tra l’altro questa legge è stata modificata sia dal Decreto Sicurezza dell’allora Ministro dell’Interno Salvini sia dal cosiddetto Decreto Lamorgese, nuova Ministra dell’Interno.
Come si accede alla cittadinanza?
La modalità più frequente è quella che consente di chiedere la cittadinanza italiana agli stranieri residenti
regolarmente in Italia da almeno 10 anni, e sulla continuità della residenza si aprono numerosi
problemi.
Inoltre il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento. Nei tre anni
precedenti la richiesta dovranno essere di almeno 8263,31 € nel caso in cui non abbiano moglie o figli, diversamente il tetto di reddito aumenta. Occorre dimostrare di non avere precedenti penali e di non essere in possesso di motivi ostativi per la sicurezza della Repubblica. Anche il requisito reddituale a prima vista molto semplice, in realtà per uno straniero con famiglie monoreddito, con numerose persone a carico e con lavori saltuari o non sempre regolari queste cifre sono difficili da documentare.
A ciò si aggiunge una serie di documenti da allegare reperibili solo nel Paese di origine. Talvolta in certi
Stati è difficilissimo anche recuperare un semplice certificato di nascita o certificato penale. In molti casi, non è raro che i dati anagrafici riportati nei certificati originali poi tradotti e asseverati in Italia siano differenti da quelli dichiarati dallo straniero e risultanti nei documenti italiani.
E qui si apre il lungo e difficile lavoro di certificazione, di correzione o di variazione anagrafica che tante volte deve passare anche attraverso un accertamento e una dichiarazione da parte di una Autorità Giudiziaria.
Lo Ius Soli per i figli
Il vero capitolo dolente della nostra normativa ormai datata. Per quanto concerne i figli minori conviventi, nel momento del giuramento del nuovo cittadino italiano, essi diventano automaticamente italiani.
Invece in caso di una persona straniera nata in Italia da genitori stranieri, potrà fare autonoma richiesta di cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno d’età. Tra l’altro, l’amministrazione comunale di
residenza ha il compito di informare i neomaggiorenni di questa opportunità.
In vero problema quindi è per i figli maggiorenni del richiedente cittadinanza. Secondo la legge, qualora
all’ottenimento della cittadinanza il figlio o la figlia siano già diventati maggiorenni, non diventeranno
essi stessi cittadini automaticamente e dovranno avviare autonomamente la loro richiesta. Questo viene
vissuto da molti come una ingiustizia.
La ragione per cui si invoca lo Ius Soli è questa
Questa possibilità renderebbe la procedura di acquisto della cittadinanza dei figli più agile e slegata dalle alterne vicende di quelle dei genitori. Questo può succedere per molte ragioni: prima di tutto il genitore potrebbe non essere stato in regola al momento della nascita del figlio o della figlia. Qualora così non fosse, deve poter dichiarare un reddito sufficiente nei tre anni precedenti la richiesta, cosa niente affatto scontata data la tendenza al lavoro nero.
Infine, un altro ingiustificabile ostacolo sono i tempi burocratici. Con l’accavallarsi delle modifiche la situazione attuale è variegata: se già con la legge 91/1992 i tempi tecnici si definivano approssimativamente in almeno due anni, con il Decreto Salvini questi si sono dilatano a ben 4 anni. Tale termine, da ultimo è stato riportato a 3 anni dal Decreto Lamorgese.
Lo Ius Soli dal punto di vista amministrativo
Il limite, poi, in ogni caso non è perentorio ma ordinatorio: l’iter burocratico può estendersi, in certi casi, per più otto-nove anni dal momento della richiesta. Attualmente la situazione è la seguente:
- TERMINE PER LE DOMANDE PRESENTATE FINO AL 4/10/18 : 2 ANNI
- TERMINE PER LE DOMANDE PRESENTATE DAL 5/10/18 AL 20/12/2020 : 4 ANNI
- TERMINE PER LE DOMANDE PRESENTATE DA 21 DICEMBRE 2020: 3 ANNI
Insomma, l’iter per l’ottenimento della cittadinanza è un procedimento complesso e soprattutto lungo, che solo nominalmente viene garantito dopo dieci anni di residenza regolare.
A questi bisogna aggiungere i tempi per l’ottenimento dei documenti necessari e le dilatazioni rimesse alla discrezionale valutazione dell’autorità amministrativa, facendo balzare i tempi per l’ottenimento della cittadinanza. A quel punto, con ogni probabilità, il figlio o la figlia dell’immigrato sarà già maggiorenne, e dovrà quindi avviare a sua volta una procedura per l’ottenimento della cittadinanza.
Insomma, queste persone nate e cresciute in Italia, educate in Italia e immerse totalmente nel tessuto
sociale italiano. Qualora facessero ogni procedura nelle più brevi tempistiche contemplate dalla legge,
otterrebbero la cittadinanza non prima dei venticinque, ventisei o ventisette anni.
L’entità del problema
Quello dei diritti di cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione, o G2, è tutt’altro che un
problema marginale. Secondo il volume “Identità e percorsi di integrazione nelle seconde generazioni in Italia”, edito da Istat nell’aprile del 2020, al 1 gennaio del 2018 erano ben 778.000 gli “stranieri nati sul territorio nazionale da genitori stranieri”. Insomma un problema che riguarda circa una persona ogni otto sul territorio del nostro paese.
Le proposte e le soluzioni possibili
Esiste uno storico delle iniziative parlamentari riguardanti lo Ius Soli a cui possiamo attingere per
farci un’idea riguardo a quella che potrebbe essere una riforma dell’iter per l’ottenimento della cittadinanza per gli stranieri nati in Italia.
Una interessante proposta di legge di riforma della materia, che sembrava destinata al successo, è stata
discussa, e bocciata, nel giugno del 2017 in Parlamento. Possiamo trarre spunto da questa per ipotizzare
una eventuale proposta di riforma futura: la discussione si basava, infatti, su due principi fondamentali: il
cosiddetto Ius Soli Temperato e lo Ius Culturae.
Lo Ius Soli temperato
Lo Ius Soli temperato prevede l’attribuzione della cittadinanza Italiana a chiunque nasca sul suolo
nazionale date alcune condizioni: potrebbero diventare cittadini italiani per nascita i figli, nati nel
territorio della Repubblica, di genitori stranieri se almeno uno dei genitori è in possesso permesso di
soggiorno UE di lungo periodo e risulta residente legalmente in Italia da almeno 5 anni.
Lo Ius Culturae, invece, prevede che i minori stranieri nati in Italia o qui giunti entro il compimento del
dodicesimo anno d’età, possano acquisire la cittadinanza sempre che abbiano frequentato regolarmente
per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di
istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali.
La frequenza del corso di istruzione dev’essere coronata dalla promozione. I ragazzi arrivati in Italia fra i 12 e i 18 anni, avrebbero potuto ottenere la cittadinanza dopo aver risieduto legalmente in Italia per almeno sei anni. Oltre a questo, aver frequentato un ciclo scolastico coronato da conseguimento del titolo conclusivo.
Per concludere…
Parlando di Ius Soli, non si potrà diventare cittadini italiani per l’esclusivo evento dell’essere nati sul suolo
della Repubblica. Bisognerà invece poter dimostrare uno storico di inserimento sociale, sia da parte dei
propri genitori che da parte del richiedente stesso, qualora non fosse nato in Italia.
Studiando i dati, ci rendiamo conto che il problema è tutt’altro che marginale e che non riguarda cittadini stranieri o che nulla hanno a che fare, ancora, col tessuto sociale, produttivo e intellettuale del nostro paese.
Riguarda invece tre quarti di milione di giovani perfettamente immersi e integrati nel nostro Paese,
che larga parte delle forze politiche del nostro Paese ritiene di dover incentivare a continuare a farne
parte, agevolandone l’integrazione amministrativa e legale a fronte di un’integrazione effettiva che è già una realtà.
Acquistare la cittadinanza non è una procedura facile
Per questo è sempre meglio affidarsi ad un legale. Se ne hai bisogno, contatta il nostro studio: la prima consulenza è senza impegno.