vendere un immobile

Vendere un immobile per una persona soggetta ad amministratore di sostegno: come si fa?

I casi della vita, si sa, sono virtualmente infiniti. Attraversiamo tutti periodi più o meno floridi, può capitare che abbiamo energie troppo scarse per godere o anche solo per gestire i beni di cui disponiamo, o viceversa. Può capitare che di dover vendere un immobile per pagare la retta della casa di riposo, o per evitare di lasciarla all’incuria, oppure semplicemente perché non ne vogliamo più disporre.

Si tratta di qualcosa che chiunque ha il diritto e la capacità di fare in ogni momento della propria vita… oppure no? Esistono dei casi in cui anche un’operazione così semplice diventa complessa, e in quel caso conoscere la legge è sempre un’ottimo spunto di riflessione: il caso in cui a voler vendere un immobile sia una persona sottoposta ad amministrazione di sostegno.

Vendere un immobile di una persona soggetta ad amministrazione di sostegno: perché?

Può capitare che la persona soggetta ad amministratore di sostegno abbia la necessità di vendere una sua proprietà immobiliare per poter incamerare delle somme di denaro che le consentano di far fronte alle proprie spese ordinarie. Ad esempio il pagamento di debiti rilevanti accumulati in precedenza, la retta della casa di residenza per anziani ove è ospitata, o altre necessità a cui far fronte grazie a una disponibilità immediata di denaro.

Si può verificare anche la situazione in cui il beneficiario sia comproprietario di un immobile con altri soggetti e che questi decidano di volerlo vendere. In queste situazioni, il beneficiario dovrebbe potersi recare da un notaio per stipulare l’atto di vendita dell’immobile o della quota di proprietà senza alcun impedimento. Ma questo è possibile nel momento in cui si tratta di una persona sottoposta ad amministrazione di sostegno?

Vendere un immobile di una persona soggetta ad amministrazione di sostegno: come fare?

La questione è molto complessa, e deve la sua complessità alla natura stessa degli atti che ci si accinge a fare. Infatti, gli atti di disposizione, nonché la costituzione, modifica o cancellazione di diritti reali su beni immobili costituiscono atti di straordinaria amministrazione.

La complicazione consiste nel fatto che la persona soggetta ad amministrazione di sostegno solitamente non può compiere tali atti né può farlo il suo amministratore di sostegno. Questo a meno che il giudice tutelare non abbia dato in precedente la sua esplicita autorizzazione.

La legge prescrive infatti la necessaria autorizzazione del giudice tutelare per l’alienazione di beni, la costituzione di ipoteche o pegni, il procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi, fare compromessi e transazioni o accettare concordati.

L’articolo a cui ci si riferisce, il 374 c.c., si riferisce all’attività del tutore. Esiste però un altro articolo, il 411 c.c. , che ne estende l’applicabilità anche all’amministratore di sostegno.

All’atto pratico: cosa può fare un amministratore?

Qualora un beneficiario necessiti di vendere un bene, oppure una quota di proprietà di detto bene, l’amministratore di sostegno dovrà preventivamente rivolgere un’istanza al giudice tutelare. Questo affinché autorizzi lo stesso amministratore a procedere alla vendita del bene. Il decreto di autorizzazione, poi, andrà consegnato al notaio che si incarica del rogito, che lo allegherà all’atto di vendita.

L’amministrazione di proprietà per conto terzi è una materia complessa!

Per questo occorre trattare l’argomento con tatto nella più rigorosa osservanza della legge. Ecco perché è sempre necessario rivolgersi a un legale!

Rivolgiti al nostro studio per qualsiasi necessità: la prima consulenza è senza impegno.

Articolo scritto in collaborazione con l’avvocato Alberto Padoan

l'amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno: una figura per la tutela dei diritti

Esistono diversi livelli di consapevolezza, diverse necessità, diversi modi di rispondere a bisogni eterogenei a cui la legge deve rispondere con discrezione ed efficacia. Uno di questi casi coinvolge le persone con problematiche fisiche o psichiche più o meno gravi. Lo fa aiutarle nella gestione della loro persona e del loro patrimonio: l’amministratore di sostegno

Quella dell’amministratore di sostegno è una figura giuridica relativamente recente: la sua istituzione risale al 2004. In questi anni ha avuto modo di provare la sua efficacia e la sua necessità sia dal punto di vista sociale che personale. 

Sostanzialmente, la figura dell’amministratore di sostegno nasce per aiutare le persone con difficoltà fisiche, psichiche o entrambe. Il suo scopo è di permettere loro la realizzazione dei diritti di integrazione sociale garantiti dalla Costituzione, proteggendo al contempo le persone con disturbi più o meno gravi, ma comunque non tanto gravi da richiedere l’interdizione, ossia la privazione di ogni capacità giuridica della persona. 

L’amministratore di sostegno è, quindi, una figura flessibile rispetto alla tutela. 

L’amministratore permette al beneficiario di conservare la possibilità di autodeterminarsi e compiere atti giuridici, anche se con le limitazioni di volta in volta stabilite dal giudice tutelare a seconda della gravità psico-fisica in cui versa. 

Come si ottiene l’istituto dell’amministrazione di sostegno? 

L’amministratore di sostegno viene introdotto mediante un ricorso presentato davanti al Giudice Tutelare del luogo dove il beneficiario risiede abitualmente. Le uniche persone legittimate a presentare l’istanza sono il coniuge, i discendenti, gli ascendenti ossia i genitori, i fratelli, affini entro il secondo grado o i conviventi della persona che ne ha bisogno. Il ricorso può essere presentato anche dai responsabili dei servizi sociali o sanitari che hanno in carico il soggetto. 

Nel ricorso vanno indicati i parenti del beneficiario fino al quarto grado, e gli affini ossia il coniuge e i suoi parenti fino al secondo grado. Questi verranno convocati dal Giudice Tutelare per assumere informazioni generiche. Il Giudice, poi, procede se possibile all’esame diretto della persona, e nomina l’amministratore di sostegno. Preferibilmente scegliendolo tra famigliari e parenti, a meno che questo non sia possibile per indisponibilità o per assenza dei parenti. In questo caso, viene nominato un professionista iscritto a una apposita lista depositata in tribunale. 

L’amministratore di sostegno non si fa per tornaconto personale

Secondo il Codice Civile l’incarico dell’amministratore di sostegno è a titolo gratuito, ma questi ha comunque diritto al rimborso delle spese documentate che ha sostenuto nello svolgimento dell’incarico. Inoltre, ha diritto a un’indennità che viene liquidata dal Giudice Tutelare sulla base dell’attività praticata e in considerazione della consistenza patrimoniale del beneficiario. 

Annualmente l’amministratore deve depositare una relazione al Giudice Tutelare contenente la descrizione di tutta l’attività svolta in favore del beneficiario e sulle condizioni psico-fisiche dello stesso. Oltre a questo, un rendiconto attestante la gestione economica, sia in termini di entrate che di uscite, del patrimonio dell’amministrato. 

L’amministratore di sostegno è solo una delle figure di tutela previste dalla legge

La gestione delle persone in difficoltà è una questione delicata. Per questo conviene sempre affidarsi a un professionista per gestire la situazione al meglio e nella migliore discrezione. Rivolgiti al nostro Studio se hai bisogno di assistenza: tutela i tuoi diritti!

Articolo realizzato in collaborazione con l’avvocato Alberto Padoan