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DASPO: quando lo stato toglie il diritto di partecipare

La parola DASPO ricorre spesso, soprattutto nelle cronache locali. Spesso la troviamo in articoli che parlano di tafferugli davanti agli stadi. Altre volte lo leggiamo in caso di proteste, altre semplicemente in occasione di disordini senza connotazione politica o sportiva, ma comunque in caso di fatti ritenuti gravi, lesivi della collettività. Ma di cosa si tratta?

DASPO, tutto comincia con lo sport

Noto acronimo di Divieto di Accesso alle manifestazioni sportive, il DASPO nasce come misura interdittiva preventiva, ovvero come provvedimento ideato in origine per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi. La legge 13.12.1989 n. 401 che disciplina i reati in materia di sport, è stata implementata a seguito degli eventi di cronaca del 2007, ponendo il divieto al soggetto di accesso nei luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.

Il provvedimento non può essere di durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni, e non solo inerente alle manifestazioni sul territorio nazionale, ma anche per quelle negli altri Stati europei.

Essa è disposta dal Questore, il quale per accertarsi della corretta applicazione può anche disporre la comparizione del soggetto negli uffici di polizia durante lo svolgimento di alcuni eventi per i quali opera il divieto.

DASPO urbano, una caso differente

Misura di prevenzione a tutela del decoro di particolari luoghi, che può essere emanata dal Sindaco di un Comune. Lo scopo è inibire l’accesso ad alcune aree della città a chi abbia posto in essere condotte pericolose per la sicurezza pubblica. Si assume quindi sia lo scopo di allontanare la persona dai suddetti luoghi, sia di sanzione per comportamenti scorretti tenuti in precedenza.

I casi in cui viene applicata la sanzione

Viene sanzionato chi in luogo pubblico versa in stato di ubriachezza, chi commette atti contro il pubblico decoro, chi esercita l’attività di parcheggiatore abusivo o accattonaggio molesto. Anche per chi limita la libera accessibilità in determinate aree dello spazio urbano quali ad esempio strade, stazioni, aeroporti. Vi è quindi un provvedimento di sanzione amministrativa, prevista tra i 100 e i 300 euro, attuata dal Sindaco. Segue un ordine di allontanamento dalla zona immediato e valido per 48 ore.

Copia dell’ordine di allontanamento è trasmessa al Questore che, In presenza di reiterazione della condotta, può nuovamente confermare il divieto di ingresso nella zona urbana, da un minimo di 12 mesi a un massimo di 5 anni. In caso di violazione è prevista la reclusione da 1 a 3 anni. Inoltre, a seguito del decreto sicurezza del 2020 il questore può anche inibire l’accesso a specifici esercizi pubblici o locali di pubblico trattenimento. Il decreto Minniti prevede, inoltre, il divieto di accesso o di stazionamento (da uno a cinque anni) nelle vicinanze di scuole, università e locali aperti al pubblico. Questo per le persone precedentemente condannate per spaccio di stupefacenti in relazione a fatti commessi presso edifici analoghi.

Ci si può opporre a un DASPO?

È un provvedimento amministrativo, quindi impugnabile con ricorso al Tar entro 60 giorni dalla notifica. Oppure si fa ricorso al Prefetto sempre nel medesimo termine o nel termine di 120 giorni ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. In ogni caso, però, è sempre meglio farsi consigliare da un avvocato specializzato. Se hai bisogno di assistenza per un ricorso rivolgiti al nostro studio: tutela i tuoi diritti

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