Quando una coppia, malauguratamente, arriva alla separazione, le conseguenze sulla vita successiva sono sempre impegnative e dolorose. Prima di tutto dal punto di vista emotivo, che è chiaramente il primo aspetto da tenere in considerazione. Secondariamente, però, subentra l’aspetto materiale, tangibile: i beni. Il patrimonio accumulato dalla coppia va spartito, e più di valore sono i beni in questione, più sarà complessa la spartizione: è per questo che la legge è molto precisa quando si tratta di gestire gli immobili durante il divorzio!
La gestione degli immobili durante il divorzio: prima di tutto una sentenza.
La sentenza operata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite in commento del 29 luglio 2021 rappresenta un punto fermo nella annosa questione dei trasferimenti immobiliari tra coniugi nel corso della separazione o del divorzio. Ecco cosa vi si afferma:
“Sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione , in quanto inserito nel verbale d’udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi dell’art. 4, comma 16, della legge n. 898 del 1970 che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 cod. civ; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l’attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29 comma 1-bis della legge n. 52 del 1985; non produce nullità del trasferimento ,il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica circa l’intestatario catastale dei bei trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari”
Certo, la materia di come funzionino i trasferimenti degli immobili durante il divorzio o la separazione è estremamente complessa. In questo caso, però, basti dire che detti trasferimenti risultano possibili all’interno del procedimento separativo o divorzile per giungere ad una definizione della crisi coniugale.
In effetti, i procedimenti che pongono fine al rapporto coniugale sono composti da due tipi ben definiti di contenuti. Il primo di questi viene definito contenuto necessario, e spazia riguarda l’affidamento dei figli minori le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale, l’assegnazione della casa coniugale e il contributo al mantenimento per i figli e eventualmente per il coniuge economicamente più debole.
Da sempre, tuttavia, a tutela dell’autonomia negoziale delle parti, si prevede che possano esistere degli accordi, soprattutto in ambito patrimoniale, che regolano i rapporti tra le parti e rappresentano una soluzione della crisi coniugale Proprio il fatto che venga riconosciuta un’autonomia alle parti permette che le stesse possano, all’interno della separazione o del divorzio, trasferire immobili tra di loro o ai figli.
Il vantaggio di un trasferimento operato all’interno del procedimento è, con tutta evidenza, il fatto che non solo i trasferimenti non saranno in alcun modo tassati. Questo poiché le agevolazioni estese alle separazioni riguardano tutti gli atti e le convenzioni che i coniugi attuano per regolare il loro rapporto dopo la fine dello stesso. Inoltre non sarà necessario rivolgersi ad un notaio, con il conseguente risparmio di spesa, per operare detto trasferimento.
Sul punto, tuttavia, la Giurisprudenza, nel tempo, si è dimostrata oscillante. Soprattutto vi è stato un grande divario tra la giurisprudenza di merito e quella di legittimità, per cui mentre quest’ultima ha sostanzialmente sempre riconosciuto l’ammissibilità di tali trasferimenti all’interno del procedimento di separazione e di divorzio, la giurisprudenza dei tribunali più volte ha affermato che non sono possibili questi trasferimenti in quanto mancherebbero dei requisiti formali e sostanziali per la loro validità. Più volte i Tribunali e le Corti di Appello hanno ritenuto valido l’impegno di una parte a trasferire l’immobile all’altra parte nel corso del procedimento, ma non possibile l’effettivo trasferimento, che veniva demandato all’atto notarile , con le conseguenti spesi notarili.
Immobili durante il divorzio: perché la legge giurisprudenza di merito fatica a riconoscere il trasferimento?
C’è da chiedersi il perché di questa poca disponibilità da parte della Giurisprudenza di merito ad ammettere l’effettività del trasferimento con un indubbio risparmio di tempo e denaro per i coniugi. Anche perché, come ben sottolinea la sentenza in commento, determinate decisioni vanno prese proprio nel corso del procedimento separativo o divorzile, poiché ove venissero limitate ad un semplice impegno a trasferire, sarebbe ben possibile che con il tempo le parti cambino idea costringendo a nuovi e ulteriormente onerosi procedimenti.
La risposta è molto semplice.
Attribuire ad un Tribunale o ad una Corte di Appello responsabilità legate all’attività notarile pare senz’altro vessatorio per il carico di lavoro della giustizia. Ma la sentenza in parola risolve la questione affermando, in definitiva, che la responsabilità non ricade sul cancelliere, ma piuttosto sulle stesse parti che sono tenute a presentare una serie di documenti ritenuti indispensabili perché l’atto non debba considerarsi nullo. Risulta quindi indispensabile che il bene venga identificato catastalmente, sussista
una dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie. Deve poi essere prodotta la documentazione indispensabile per gli atti di questo tipo, quale l’attestato di certificazione energetica debitamente autenticato, così come i possibili certificati attestanti le regolarità degli impianti.
La sentenza in parola ha l’indubbio merito di aver stabilito dei punti fermi tra cui il fatto che il verbale di udienza redatto dal cancelliere è parificato all’atto pubblico , poiché anche il cancelliere è un pubblico ufficiale, ciò, tuttavia, senza caricare di responsabilità il Tribunale stesso, poiché, invece, è onere della parti produrre adeguate documentazione che renda trascrivibile l’atto.
La responsabilità, quindi, viene spostata sulla parte.
Il trattamento degli immobili durante il divorzio è una materia estremamente complessa e straordinariamente delicata.
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Articolo scritto in collaborazione con l’avvocato Marta Michelon