mobbing

Brevi cenni sul mobbing: come riconoscerlo e come difendersi

Il lavoro è una parte davvero importante della vita di tutti, sia in termini di tempo che di energia e di investimento emotivo. Per questo, quando le cose non vanno come dovrebbero, le conseguenze sulla vita stessa delle persone possono essere davvero pesanti. Il mobbing rappresenta senz’altro una delle situazioni più sgradevoli che un lavoratore possa subire, pertanto, è essenziale saperlo riconoscere e capire come difendersi.

Cos’è il mobbing?

Il termine “mobbing” deriva dall’inglese “to mob”, che significa “aggredire” e indica quel fenomeno consistente in una serie di condotte realizzate in maniera sistematica e prolungata nel tempo dal datore di lavoro o dai colleghi, nei confronti di un lavoratore, finalizzate ad isolarlo vessarlo ed umiliarlo, tali da lederne l’integrità psico-fisica, la professionalità e la dignità o da spingerlo a dare le dimissioni.

Si distinguono due tipologie di mobbing:

  • verticale, se la violenza e la prevaricazione provengono dal superiore (o inferiore) gerarchico;
  • orizzontale, se posto in essere tra soggetti di pari rango.

Come capire se si è vittima di mobbing?

Innanzitutto, le azioni riconducibili al mobbing sono: trasferimenti ingiustificati, rimproveri immotivati alla presenza dei colleghi, provvedimenti disciplinari ingiusti, isolamento, demansionamento, prolungato sovraccarico di lavoro, molestie, ecc, accompagnati da una serie di elementi:

  1. la sistematicità e la durata;
  2. l’intento persecutorio: la volontà di danneggiare la vittima, di allontanarla o di ostacolarne la crescita professionale;
  3. l’evento lesivo: il danno alla salute psico-fisica (ad esempio depressione);
  4. il nesso eziologico: il collegamento tra la condotta posta in essere ed il pregiudizio per il lavoratore.

Cosa fare se si ritiene di essere vittima di mobbing?

Sebbene il mobbing in quanto tale non sia previsto direttamente né dal Codice civile né da quello penale, vi sono tuttavia una serie di norme che tutelano i lavoratori: sarà innanzitutto possibile rivolgersi al Giudice civile per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, per il ripristino della situazione precedente al mobbing o per la reintegra del posto di lavoro.

Dal punto di vista penalistico, invece, le condotte mobbizzanti possono costituire la base per altre fattispecie di reato contro la persona, come lesioni personali (art. 582 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.) e maltrattamenti (art. 572 c.p.).

In ogni caso, il lavoratore dovrà dimostrare (per mezzo di testimonianze, certificazioni mediche, registrazioni audio…), che le condotte subite non rientrano nell’esercizio dei normali poteri organizzativi e di controllo riconosciuti al datore di lavoro, né costituiscono meri episodi di conflitto all’interno dell’ambiente lavorativo, ma sono parte di una strategia persecutoria finalizzata ad isolare ed allontanare il soggetto che ne è bersaglio.

Far valere i propri diritti sul lavoro è complesso e impegnativo

Si tratta inoltre di un ambito estremamente delicato, che va gestito nel migliore dei modi. Se per molte questioni un sindacato è sufficiente, esistono situazioni in cui a fianco delle consuete tutele sindacali occorre accostare l’assistenza di un legale esperto del settore. Se hai bisogno di assistenza per questioni legate al tuo lavoro, contatta il nostro studio: tutela i tuoi diritti!

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